Fa particolarmente piacere parlare di un libro destinato ai cosiddetti giovani adulti in un sito come il nostro, in cui, fino a questo momento, si è dato più spazio a opere per bambini alle prese con le loro prime letture. Certo, non è facile dire se questo sia un libro che i pre – adolescenti e gli adolescenti leggono o leggeranno e, del resto, quello dei libri per adolescenti è un settore con il quale da tempo sono alle prese editori e studiosi (basti pensare al Progetto Xanadu dell’Associazione Culturale Hamelin). Il ragazzo che non mangiava le ciliegie è la storia di Jamie, ragazzino di undici anni alle prese con una nuova condizione determinata dalla separazione dei genitori, e con un episodio di tentata violenza: una situazione che lo fa sentire improvvisamente solo e diverso, lontano millenni da un’altra vita di ragazzo “normale come un cornflake”. Come per molti romanzi dedicati a questa fascia di età, ci troviamo di fronte a una condizione di solitudine, a protagonisti “quasi adatti”, per riprendere la felice espressione di Nicola Galli Laforest nel suo saggio “Quasi adatti. Una nuova solitudine”, nel libro curato da Hamelin Contare le stelle. Venti anni di Letteratura per ragazzi (ed. Lexis Biblioteca di scienze umane). E anche qui c’è un ribaltamento dei ruoli: gli adulti non sono più il punto di riferimento, la guida da cui staccarsi per crescere, diventano invece oscure minacce o esseri fragili da proteggere. Ma nel suo difficile percorso di maturazione, Jamie ritrova, anche grazie all’aiuto di un’amica un po’ speciale e sufficientemente invadente e testarda, nonché di un autore conosciuto a scuola e che nella sua testa era diventato, guarda caso, un tutore, il suo posto di ragazzino accanto a una zia e a una madre che tornano ad essere adulte, fino a decidere che il Natale successivo tornerà ad essere un vero Natale, con un grande albero in casa, un Natale finalmente normale. Un libro commovente ma non banale, un Bildungsroman del nostro tempo, una di quelle opere per ragazzi da salvare quando, tra vent’anni magari, ci si fermerà nuovamente a “contare le stelle”. Ancora una volta frutto della ricerca di una piccola casa editrice che sembra rifuggire la serialità e impegnarsi per essere riconoscibile attraverso le sue collane, come, appunto, “Il serpente a sonagli”, libri che sorprendono, attirano e a volte mordono.
Elisabetta Mincato
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